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I veri discriminati siamo noi, ex gay

Luca Di Tolve • dic 18, 2014

Quanto accaduto a Moncalieri è l’ennesima dimostrazione del carattere menzognero e illiberale dei gruppi organizzati Lgbtqi. 


L’insegnante di religione finita nella gogna mediatica non ha solo espresso un’opinione ma ha anche fatto riferimento a fatti concreti, scientifici, relativi all’omosessualità.

Quanto accaduto a Moncalieri è l’ennesima dimostrazione del carattere menzognero e illiberale dei gruppi organizzati Lgbtqi. L’insegnante di religione finita nella gogna mediatica non ha solo espresso un’opinione ma ha anche fatto riferimento a fatti concreti, scientifici, relativi all’omosessualità.

Intanto va affermato con chiarezza che l’insegnante ha tutto il diritto di esprimere la propria opinione anche riguardo all’omosessualità: è un diritto sancito dalla Costituzione e non ci sono giustificazioni per chi vuole far tacere delle opinioni. Questo purtroppo è ormai un tratto caratteristico delle organizzazioni Lgbtqi, ci provano in continuazione e per fare questo mentono riguardo alla legge e riguardo alla scienza, usando anche un linguaggio volutamente tendenzioso per demonizzare chi la pensa diversamente.

L’insegnante di Moncalieri, ad esempio, ha parlato di problema psicologico, ma è stata accusata di parlare di “cure”, facendo intendere che considera l’omosessualità una malattia. È la solita mistificazione: quando si parla di disturbo, o disagio psicologico non parliamo di una malattia da curare ma di un disagio che richiede un lavoro interiore.

E pensare che sono loro stessi che sostengono la terapia affermativa, ovvero il supporto psicologico che porta all’accettazione dell’omosessualità. È segno che allora il disagio esiste, che un problema psicologico c’è.

Del resto è la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ad affermarlo : nel Manuale diagnostico ICD10, l’omosessualità egodistonica è definita come un disturbo psicologico (catalogato come F66) per cui «l’individuo desidererebbe che (la preferenza sessuale) fosse diversa a causa di disordini psicologici e del comportamento associati, e può cercare un trattamento per cambiarla».

Dunque, è l’Organizzazione Mondiale della Sanità a dirlo, non la Chiesa cattolica: coloro che pur avendo una tendenza omosessuale vogliono esplorare altre modalità, perché – come è accaduto a me – si trovano a disagio nella loro condizione, devono avere questa possibilità. E invece si vuole negare alle persone che lo desiderano la possibilità di intraprendere un percorso psicologico diverso, che le porti a riscoprire l’eterosessualità.

Così se qualcuno a un certo punto della sua vita “scopre” la propria omosessualità diventa una celebrità, un eroe popolare (il caso di Alessandro Cecchi Paone è solo un esempio); se invece, come è accaduto al sottoscritto, si vuole fare il percorso inverso allora vieni bollato come un pericoloso omofobo.

Per imporre questa teoria mentono sulla realtà e sulla scienza . La realtà è che ormai sono tantissimi i casi di ex omosessuali che hanno recuperato la loro identità eterosessuale, si sono sposati, vivono relazioni stabili e hanno figli. Negli Stati Uniti c’è una casistica che va indietro almeno trent’anni. E sempre negli Stati Uniti c’è una comunità, “People can change” (Le persone possono cambiare), con un sito internet che raccoglie tantissime testimonianze di ex omosessuali. E anche in Italia nella nostra associazione, che ha appena sei anni, ci sono almeno una quindicina di persone che già si sono sposate ed hanno figli. Quest’anno abbiamo anche fatto una festa della famiglia, per testimoniare la bellezza di questo cammino che viviamo. Non sono forse dati scientifici questi? Non sono dati inoppugnabili? Non siamo forse persone che vivono un reale cambiamento? Eppure ci negano il diritto di esistere.

La cosa scioccante è che questi personaggi continuano a mentire, e media e autorità istituzionali chiamano il presidente dell’Arcigay come se spettasse a lui decidere cosa deve entrare nella scuola e cosa deve rimanere fuori. È un’assurdità.

E poi continuano a ripetere un’altra menzogna: che la terapia riparativa in Italia non si può fare. Non è vero, si può fare benissimo. Lo dicono solo per spaventare la gente e intimidire quanti lo desiderassero. C’è un codice deontologico che fissa le modalità. Non è lo psicologo che decide, è la persona che va dallo psicologo e dice che prova un disagio. Prima si guarda il disagio poi la persona decide quale percorso vuole fare. Se io non sono felice come omosessuale, come dice l’Organizzazione Mondiale della sanità, ho il diritto di avere tutti gli strumenti per fare il percorso psicologico che desidero.

Guarda il video “Esiste l’omofobia?” di Luca DiTolve

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Il «gene gay»? Non esiste! Questa volta non arriva dalle varie opinioni o teorie personali , ma come " tuona" dal titolo finalmente possiamo affermare con autorevolezza ciò' che da sempre noi abbiamo sostenuto. Questo e' emerso anche sulla base di altri studi meno recenti e inoltre, aggiungo, anche sulla esperienza di cambiamento di tanti noi ora ex-gay vissuta sulla propria pelle. Ora la scienza dimostra ciò che per anni i fondatori della psicologia come Adler, Jung ,Froid e altri autorevoli sociologi e scienziati , hanno sempre sostenuto che omosessuali non si nasce ma si diventa. Il gene gay tanto desiderato da una certa lobby non esiste. Ma, come molto evidente oggi più' che mai , certo per chi lo vuole vedere, si tratta soltanto di propaganda politica e di un'agenda ben costruita dai piani alti e da una certa élite che vorrebbe creare il consumatore perfetto e distratto, dettato dalla legge del desiderio. L'obiettivo di questa agenda, infatti, non e' certo quello di essere attenta e perdersi cura del reale e profondo bisogno della persona, bensì' è creare una società' compulsiva , non solo riferito alle persone con pulsioni per lo stesso sesso, ma in generale. Le persone più' vulnerabili e fragili, vengono cosi' sedotte e conquistate e spinte a dare libero sfogo ai loro desideri, impulsi e passioni. Questo vivere, a lungo andare, porta alla distruzione della persona e genera vuoti sempre più' profondi proprio perché' i reali bisogni della persona non vengono riempiti nella maniera sana. Ecco perché' noi facciamo della nostra vita una battaglia per capire il reale e vero bisogno della persona che si nasconde dietro alle tante ferite o maschere illusorie. Solo nella Verità in Cristo e la ragione possiamo ritrovare il meraviglioso potenziale che ognuno ha dentro di se' e farlo emergere in tutta la sua bellezza e pienezza, cosi' come Dio ha pensato fin dall'inizio. Ritornando quindi al titolo : Il gene dei gay, non esiste!, ribadiamo la convinzione che per chi lo vuole, come ogni comportamento o inclinazione, cambiare si può'!! Quindi: sempre liberi di scegliere!! Articolo Fonte: Corriere della Sera 29 agosto 2019 nel articolo :I dati arrivano da un enorme studio pubblicato sulla rivista «Science» e coordinato da Andrea Ganna, un ricercatore italiano del Massachusetts Institute of Technology di Adriana Bazzi Il «gene dei gay»? Non esiste. Conferma da mezzo milione di Dna Il «gene dei gay» non esiste. Qualcuno ci aveva provato in passato a formulare questa ipotesi, ma ora un gigantesco studio genetico taglia la testa al toro: non ci sono «segni particolari» nel Dna che possano predire un’eventuale omosessualità. Lo studio ha analizzato il patrimonio genetico di oltre 470 mila persone alla ricerca di specifiche alterazioni che potessero prevedere l’ attitudine a instaurare rapporti sessuali con persone dello stesso sesso. Ma non ne ha trovate. Un mix genetico-ambientale Il che significa, precisano i ricercatori, che l’attrazione per persone dello stesso sesso ha a che fare più che con un singolo gene, con un mix di fattori genetici (sì, perché esistono migliaia di varianti genetiche, ma non significative, secondo quanto ci dice questo studio) e ambientali, così come accade per decine di altri comportamenti umani. I ricercatori, guidati da Andrea Ganna che lavora al Center for Genomic Medicine del Massachusetts General Hospital di Boston e al Broad Institute del Mit (Massachusetts Institute of Technology) sempre a Boston, hanno voluto rispondere a una serie di quesiti finora non risolti. Fattori biologici Intanto una premessa. Nelle diverse società e in entrambi i sessi, dal 2 al 10 per cento degli individui dichiara di avere rapporti sessuali con persone dello stesso sesso o esclusivamente o in alternativa con partner di sesso diverso. I fattori biologici che contribuiscono alle preferenze sessuali sono pressoché sconosciuti, ma è stata ipotizzata un’influenza genetica dal momento che certi comportamenti omosessuali si ripresentano nei membri di una stessa famiglia e anche fra fratelli gemelli sia omozigoti che eterozigoti. Da queste osservazioni preliminari sono emerse alcune domande. Etero e bisex La prima: quali geni sarebbero coinvolti e quali processi biologici influenzerebbero? In passato sono stati condotti alcuni studi alla ricerca di varianti genetiche legate all’orientamento sessuale, ma erano molto piccoli e non guidati dagli attuali criteri di analisi genetica. L’idea era quella di trovare anomalie ormonali correlate a questi comportamenti. Seconda domanda: eventuali modificazioni genetiche come potrebbero agire diversamente su persone di sesso maschile e di sesso femminile? E su cosa influirebbero: sul comportamento, sull’attrattività, sull’identità? E che ruolo avrebbero, invece, per eterosessuali ed eventualmente bisessuali? L’analisi «genome-wide association» A queste domande, dunque, ha voluto rispondere lo studio pubblicato su Science (condotto con la collaborazione di numerosi gruppi americani, europei e australiani) che ha sfruttato l’approccio «genome-wide association» (in pratica si tratta di un’analisi di tutti, o quasi tutti, i geni di diversi individui di una particolare specie per determinare le variazioni genetiche tra gli individui in esame) su omosessuali. I ricercatori hanno sfruttato i dati genetici raccolti nella Uk Biobank del Regno Unito e quelli dei partecipanti al progetto 23andMe americano, per un totale, appunto di 470 mila persone. Delle conclusioni generali abbiamo già detto. Varianti legate all’olfatto Più nel dettaglio. I ricercatori avrebbero identificato cinque varianti «significativamente» associate all’omosessualità e altre migliaia con una qualche influenza, ma prese singolarmente non hanno nessun valore nel predire i comportamenti. E fanno notare che alcune hanno a che fare con l’assetto ormonale e altre addirittura con l’olfatto. Un invito alla cautela Ma sottolinea Ganna: «Le nostre osservazioni gettano una qualche luce sui comportamenti biologici legati all’omosessualità. È necessario però astenersi da facili conclusioni perché i comportamenti umani sono complessi. E soprattutto dallo sfruttare questi risultati, ancora rudimentali, per facili propagande politiche».
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